“MATERA MATERICA” di LIA STEIN

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Da venerdì 2 dicembre  “MATERA MATERICA” di Lia Stein, a Berlino fino al 16 dicembre 2016 “Chiunque vada a Matera non può non restarne colpito, tanto è espressiva e toccante la sua dolente bellezza” – scriveva Carlo Levi. A questo grande scrittore bastano appena tre aggettivi per togliere al termine “bellezza” quel tono generico e superficiale che spesso l’accompagna. Ma, priva di parole, la fotografia come può raccontare i Sassi di Matera senza tradire la profondità della loro bellezza e della loro storia millenaria? Ora la città dei “Sassi” non è più il simbolo del tracollo dell’economia agraria del Sud, quel luogo della miseria che aveva colpito Levi negli anni Quaranta. Nel 2019 la città sarà Capitale Europea della Cultura, ma già dal 1993 i Sassi di Matera sono entrati nella lista dei Patrimoni dell’Umanità dell’UNESCO perché qui “l’equilibrio tra intervento umano e l’ecosistema mostra una continuità per oltre nove millenni, durante i quali parti dell’insediamento tagliato nella roccia furono gradualmente adattate in rapporto ai bisogni crescenti degli abitanti” (come si trova scritto nel rapporto della commissione UNESCO).

Oggi il pericolo che la città corre non è più quello di essere considerata un luogo di vergogna, ma se mai quello di venire vista come un’inerte meraviglia da spendere nel fiorente mercato del turismo: un incanto immobile, dove la storia rischia di fermarsi al passato, in quel “furono” scritto dalla commissione dell’UNESCO. Dunque, come mostrarne la bellezza evitando di rappresentarla come una Disneyland di pietra? Lia Stein, consapevole di questi problemi, non crea accattivanti immagini da cartolina, ma si avvicina alla materia delle pietre calcaree e porose, in cui sono scavati labirinti di abitazioni, canalizzazioni, cisterne, chiese rupestri e monasteri risalenti agli esordi del cristianesimo. Le sue sono immagini volutamente dirette, precise e al contempo evocative, capaci di cogliere le tracce degli antichi abitanti e quelle più discrete di quanti oggi, avendo casa nei Sassi, mantengono viva la sua vocazione di luogo aspro ma ospitale, scabro e tuttavia accogliente.

Sono immagini, quelle di Lia Stein, che sanno ascoltare il silenzio delle terra e soprattutto accogliere la densità materica dei Sassi. Grazie a una stampa dove la grana stessa della carta si fa porosa, rugosa, queste fotografie non si limitano a rappresentare di lontano la granulosità delle pietre, ma la assimilano, la fanno propria, così da restituircene tutta la loro ruvida essenza materica, quella strana, ghiaiosa friabilità, che rende così particolare, anzi unica, la consistenza rocciosa dei Sassi. Le immagini di Lia Stein rivelano così che ancora è intatto il paesaggio culturale dei Sassi, dove ogni costruzione è al tempo stesso frutto di una profonda conoscenza del terreno e dell’ininterrotta compartecipazione a una vita comunitaria di antichissime origini. Intatto lo è, questo paesaggio, perché tutt’ora dotato di una forza arcaica che penetra nella pelle come un coro stratificato di voci affioranti dalla sua storia millenaria. Quella stessa energia arcana che aveva avvertito anche Pier Paolo Pasolini, il quale scelse di ambientare proprio qui la Gerusalemme del suo film Il vangelo secondo Matteo.

Certo le fotografie di Lia Stein sanno porsi in ascolto del passato, ma nello stesso tempo – ed è questa un’altra importante peculiarità del suo lavoro – sono attente a quei segni della contemporaneità che ci parlano di un attuale ripopolamento dei Sassi, di un reinsediamento capace di rispettarne la storia, senza snaturamenti e stravolgimenti. Preservando la continuità storica dei Sassi, tale rinnovamento diventa quindi un esempio, un modello possibile di ecosostenibilità, in grado di indicarci un futuro non più basato sullo spreco delle risorse, ma sull’equilibrio fra sviluppo, bellezza e custodia delle antiche memorie. Per secoli, anzi per millenni, gli uomini che hanno vissuto qui non si sono contrapposti alla natura, ma hanno saputo dialogare con essa: hanno canalizzato l’acqua per rifornire cisterne a goccia e giardini pensili, hanno sfruttato la climatizzazione offerta dalla massa termica della pietra per ottenere abitazioni con una temperatura costante attorno ai 15 gradi. Guardare al passato – sembrano dirci le immagini di Lia Stein – può rimanere un esercizio sterile e puramente nostalgico, solo se lo si osserva con la testa rivolta all’indietro. Se invece il ricordo e il rispetto del tempo che fu diviene un’occasione per riflettere sull’oggi e per progettare un futuro più consapevole, ecco che tutto di nuovo prende vita. Come piene di vita sono le immagini “petrose” della nostra artista.



“MATERA MATERICA” di LIA STEIN

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From December 2nd “MATERA MATERICA” by Lia Stein, in Berlin till December 16th 2016 See Matera and you will be struck by its painfully moving and significant beauty.”   The great writer Primo Levi only needed three words to void “beauty” of its superficial and general characteristic. Thus, how can photography, with no words, speak of Sassi di Matera and not betray the depth of its millennial beauty? Today Matera is no longer the symbol of southern economic collapse, the place of misery that had struck Levi in the1940s. In 2019 Matera will become the European capital of Culture but it had already entered the Unesco World Heritage list in 1993 with the following report:“Here the equilibrium between the human intervention and its ecosystem has shown a continuity for more than nine thousand years, during this period parts of the dwellings were cut in the rock to be shaped on the growing needs of the inhabitants”

Today the town does not risk shame any longer but being considered a motionless beauty in the blooming market of tourism: a still wonder where history gets stuck in the past as stated by the Unesco commission. So how can its beauty be represented without turning it into a stony “disneyland”?

Aware of all this, L. S, does not create catchy postcards but gets close to the matter of these chalky and permeable stones that are mazes of dwellings, pipes, cisterns, rock churches, monasteries from the beginning of the Christian era. Her images are intentionally direct, precise yet evocative. They can catch the memories of ancient inhabitants, but also the more discrete recollections of today dwellers and keep alive the characteristic aspect of Matera: harsh yet hospitable, crude yet cosy.

Lia Stein’s images are capable of listening to the silence of this land and embracing the material density of Sassi.

Thanks to a print where paper itself becomes porous and wrinkled, these photographs do not simply represent the gravelly characteristic of the stones at distance, but they absorb it and return the gravelly crumbliness of the matter that makes unique the rock substance of Sassi di Matera in its totally rough material essence,. L S’s images prove that the cultural landscape of this town is still intact: each dwelling is the result of deep knowledge of the ground and also of the constant sharing that lies in the existence of ancient origins. This landscape is still intact because it is endowed with an archaic strength penetrating your skin like a multi-layered chorus of voices coming from thousands of years. The same archaic energy that made Pier Paolo Pasolini decide to locate Jerusalem in his film S.Mathew’s Gospel in this town.

L.S.’s photos know how to listen to the past yet they pay also attention to the new signs of human settlements that respect history without distortion. This is again a very important characteristic of Lia’s work.

In fact, by restoring its historical continuity the transformation of Sassi of Matera becomes an example of sustainability revealing a future that is no longer based on the exploitation of resources but on a balance of development, beauty and preservation of ancient memories.

People who have lived here for thousands of years have not contrasted nature but have found a dialogue with it. They have canalised water to feed cisterns and hanging gardens, they have taken advantage of the climatic effect provided by the thermic mass of this stone to have dwellings at a constant temperature of 15 degrees.

L.S.’s photos seem to tell us that looking at the past can become a mere nostalgic and sterile exercise if you only look back. However, if memory and respect for the past turn into an opportunity to ponder on the present and plan a more reliable future everything can turn alive once more.